B2B e Social – Speciale PMI (1° capitolo)

Ormai completamente sdoganato in determinati settori, quali ad esempio la ristorazione, oppure assolutamente strategico, come nell’hotellerie e nella ricerca e selezione di personale, i social rappresentano potenzialmente un valido strumento per raggiungere la clientela, in molti, se non in tutti i settori.

Va fatto tuttavia un distinguo tra utilizzo in chiave B2C (business risvolto a clienti consumatori finali) e B2B (business rivolto a aziende clienti).

Espandere il proprio network con i Social

Nel B2C la frequentazione attiva e l’uso dei social network è un fatto scontato e chi ancora non lo fa è perché non ci crede o non collega l’uso dei social ad un’opportunità, oppure ha deciso di tener duro fino alla fine, non si sa bene per quale motivo, a mio avviso anche rischiando di “farsi del male”, metaforicamente parlando; in altre parole, coloro i quali per diverse ragioni non intendono avvicinarsi ai social network per scopi aziendali, sono a nostro avviso destinati ad incontrare nel prossimo futuro serie difficoltà nella profittabilità del proprio business.

Vero è che attrezzarsi per raggiungere efficacemente il consumatore finale richiede una serie di investimenti non banali: un sito, un buon e-commerce, una solida strategia di comunicazione, la presenza attiva nei social; insomma, una bella mole di lavoro che richiede sforzi, denaro e persone.

Nel B2B invece ci sono schiere di aziende che potrebbero usarli ma non lo fanno, e nonostante ciò, sopravvivono.

Addirittura non pensano sia possibile usarli, e continuano ad agire in modo convenzionale, utilizzando sistemi vetusti e spesso poco efficaci per lo sviluppo commerciale.

L’onda lunga dei social in questi contesti non è ancora arrivata, ma arriverà, potete starne certi.

Con questo manuale intendiamo contribuire ad accelerare questo processo evolutivo.

Vantaggi e opportunità

Un primo esempio di vantaggio è il superamento dei livelli di interlocuzione classica, ad esempio tra produttore, vendor (distributore) e end user (cliente finale).

A parte l’evidente opportunità di pubblicizzare il prodotto anche utilizzando il canale social là dove si parli di clienti finali, in ambito business (B2B), laddove ovviamente ne esistano le prerogative, intendiamo proprio lo screening e la ricerca di nuovi interlocutori, che potrebbero diventare clienti, bypassando l’interlocutore istituzionale, ad esempio la figura del distributore.

Dimentichiamoci quindi dell’utente finale, che non è oggetto di questa analisi, e concentriamoci sulle relazioni di business tra produttori e distributori di prodotti consumer, cioè destinati nel passaggio successivo al grande pubblico.

Elettrodomestici, alimentari, bevande, abbigliamento, sono alcuni esempi di beni durevoli, semidurevoli e FMCG (Fast Mover Consumer Goods), tutti appartenenti alla categoria largo consumo.

Più avanti, precisamente nella sezione case history, affronteremo anche il tema delle relazioni commerciali tra produttori e utilizzatori B2B, come ad esempio le apparecchiature destinate all’industria.

Mentre in passato, se attivavi iniziative di ricerca clienti bypassando il distributore ufficiale, come minimo entravi in diretto conflitto con il tuo partner commerciale, ora, con i social, la cosa è vista più come un sostegno al business che un attacco diretto, e tutti gli attori in gioco ne possono beneficiare:

  • il cliente finale, che ha la possibilità di dialogare anche direttamente con l’azienda;
  • l’intermediario commerciale, che mantiene e rafforza la propria immagine, in quanto anello di una catena virtuosa;
  • l’azienda, che come minimo costruisce un proprio data base e verifica sul campo, direttamente, il potenziale del mercato.

Vediamo ora cosa avviene in ambito B2B, che è decisamente un contesto più interessante per una PMI per quanto attiene le strategie che vengono adottate per raggiungere i clienti; iniziamo l’analisi dal punto di vista delle organizzazioni commerciali più diffuse.

Vi accorgerete subito, osservando le due forme di reti commerciali più rilevanti e le relative figure commerciali individuate, inserite nel Box nr. 2 a fine capitolo, che le organizzazioni sono ferme più o meno agli anni ’50, per quanto attiene l’impostazione generale: o costruisci una rete di vendita diretta, solitamente quando le aziende crescono di fatturato e ritengono di poter fare da sole, oppure mantieni i rapporti con reti indirette, accettando di avere un tramite prima di arrivare al tuo vero cliente.

A volte avere un tramite ti protegge dal concedere prezzi troppo bassi (vedi ad esempio il ricorso ai distributori per i produttori che forniscono la grande distribuzione), o dall’apparire in una veste “troppo moderna”, che non piacerebbe ai tuoi canali storici di clientela.

Un altro motivo ricorrente nel mantenere una rete indiretta è il servizio post vendita e gli aspetti culturali (oggettive barriere di entrata nei mercati).

Il post vendita porta con sé costi aggiuntivi e complessità organizzative che possono incidere molto negativamente nella capacità di ottemperare agli obblighi nei confronti del cliente finale, come ad esempio nei casi in cui sia previsto un servizio di installazione del prodotto e di successiva manutenzione.

In questi casi appoggiarsi a distributori locali organizzati è decisamente un vantaggio per una PMI.

Anche gli aspetti culturali e linguistici non sono banali; essi rappresentano in certi mercati esteri delle oggettive barriere di ingresso; per queste ragioni è decisamente opportuno legarsi a organizzazioni locali.

Nel corso degli anni, le reti indirette sono diventate sempre più problematiche da gestire per le aziende produttrici: troppi gli interessi divergenti e troppo importante ormai il contatto diretto con i clienti finali.

Solo le grandi aziende, paradossalmente, tengono vive e produttive le reti indirette; il loro potere contrattuale è tale che riescono a gestire e controllare bene i flussi e gli equilibri commerciali.

Le tipiche figure professionali che operano nelle varie forme organizzative, descritte nel Box 2, sono collocate in ordine logico, progressivo, verso un sempre più marcato controllo diretto dell’azienda produttrice nei confronti del cliente.

Sulla base di questo schema, che accompagna le aziende da decenni per organizzarsi dal punto di vista commerciale e che perdura imperterrito anche fino ai giorni nostri, molte PMI perdono di vista l’importanza di conoscere il cliente finale e gli eventuali opinion leader che potrebbero essere dei formidabili attivatori di business, grazie al loro network.

Network: Parola chiave del business contemporaneo

Certo, il termine “relazioni” da sempre ci è familiare, e ogni imprenditore sa istintivamente quanto sia importante avere relazioni con tutti gli interlocutori che gravitano attorno alla nostra azienda, da quelli istituzionali, ai fornitori, ai clienti etc.

Diciamo che il tessere “relazioni”, da pratica naturale e comune a tutti gli imprenditori, ora si è trasformata in uno schema mentale e attitudinale da parte di tutta la società (network).

Ma anche le terminologie hanno la loro importanza.

Per quanto riguarda la necessità di interloquire direttamente con i clienti finali, senza intermediari, in realtà è giusto riconoscere il maggior costo di contatto che comporta un’organizzazione diretta rispetto a un’organizzazione in cui la figura del distributore ricopra un ruolo rilevante.

Filiali sul territorio, funzionari, capi area, servizio assistenza etc.

Proprio per queste ragioni, ciò che prima non era possibile ora può essere plausibile, almeno in parte, grazie ai social network.

I social rimangono comunque delle “brutte bestie”, che vanno conosciute, gestite e controllate.

Dobbiamo però riconoscere che la componente business, anche in ambito B2B, diventa sempre più rilevante per i social più diffusi, e non intravvediamo segnali di ridimensionamento del fenomeno ma al contrario di un incremento esponenziale.

I social network sono dei luoghi, seppur virtuali, dove tutti i principali attori del tuo mondo navigano e interagiscono; quindi, con determinate tecniche, li puoi intercettare in modo proficuo ed efficace.

A parte questa realtà indotta, simile alla pubblicità statica e dinamica nelle strade, il cui principio è: “visto che da lì ci passi, allora ti piazzo il mio 6×3”, in verità, poi vedremo, i social stanno diventando mezzi formidabili proprio per costruire relazioni di business dirette, trasparenti, efficaci, quasi la rappresentazione plastica del principio che fondere la vita privata con la vita professionale in un tutt’uno sia, alla fine, un vantaggio.

La differenza è che lo fai attraverso lo smartphone e passando da un contesto all’altro all’istante, senza sforzo, quasi senza accorgertene.

Intendiamo in questo manuale dimostrare ai titolari di PMI e ai loro manager che i social funzionano, e che soprattutto potrebbero funzionare anche per la loro azienda; lo dimostreremo con casi pratici, esperienze, case history e suggerimenti.

Intendiamo anche mostrare come si possano ottenere questi risultati, e in quanto tempo.

Box 2: tipiche reti di vendita

Partiamo dalle due forme più diffuse di organizzazioni commerciali: le indirette e le dirette; ciò è propedeutico sia per inquadrare meglio l’ambito entro cui agiscono preferibilmente le PMI, sia per delineare con maggior concretezza le nostre strategie social.
Reti di vendita indirette: il produttore non entra direttamente in contatto con il cliente, o solo marginalmente, demandando a terzi le attività di vendita e post-vendita.
Indiretta è anche la gestione economica (fatturazione e pagamenti ai clienti finali).
Questa opzione rende evidenti anche i vantaggi nella gestione dell’assistenza tecnica, spesso delegata all’intermediario, sempre che l’intermediario agisca nei tempi e faccia gli interessi della casa madre.
Questa politica distributiva viene adottata solitamente da piccoli e medi produttori, quindi PMI, soprattutto nella prima fase di vita dell’azienda, ma che può anche rimanere tel quel per decenni, anche se l’azienda dovesse crescere notevolmente.
Prendiamo come esempio di estrema staticità commerciale quella di un qualsiasi produttore di orologi di pregio.
È molto probabile che dal primo giorno di attività dell’azienda ai giorni nostri gli unici interlocutori commerciali istituzionali siano rimasti il distributore e il rivenditore autorizzato / gioielleria.
Le figure tipiche di questo assetto organizzativo sono infatti, per tutti Distributori e Dealer.
 
Per quanto riguarda le Reti di vendita dirette, tipiche delle grandi aziende che intendono adottare una politica commerciale centralizzata, a tutela sia dell’immagine di marca sia delle relazioni con gli utenti finali, che giudicano la marca attraverso le azioni e i valori che rappresentano, non importa se ci sia di mezzo un distributore (dealer), perché la forza d’urto e il presidio del mercato è tale che questi brand comunque sono in grado di definire e mantenere nel tempo la propria immagine.
Basti pensare a 2 o 3 brand di telefonia mobile per rendersi conto della forza di certi brand.
Le reti di vendita dirette sostengono dei costi fissi di gestione legati all’organizzazione, sia per strutture di supporto (filiali), sia per il personale (funzionari di vendita).
 
Figure tipiche:
·      Agenti plurimandatari;
·      Agenti monomandatari;
·      Procacciatori / Segnalatori;
·      Funzionari di vendita diretti;
·      Key Account Manager;
·      Informatori;
·      Call center;
 
In entrambi gli approcci escludiamo volutamente per il momento il digital, sia esso inteso come canale di comunicazione (sito web, e-commerce e social media) sia come alternativa alle organizzazioni fisiche; sarà oggetto di analisi più approfondita più avanti.