b2b e social -speciale pmi (3° capitolo)

Comprendere e far proprio il principio che su LinkedIn non si chiede o si accetta “un’amicizia”, ma un “collegamento” basato su aspetti professionali, è un punto di partenza importante, tuttavia riteniamo che prima di tutto conti la qualità del proprio profilo.

Ci si imbatte spesso in profili tristissimi, che proprio sono inguardabili; ci riferiamo in particolare a quelli appena abbozzati, dove si capisce che o non interessa, o si vuole fare solo presenza; c’è anche l’opzione «non ho tempo per seguire il profilo», che confermano le scarse motivazioni nei confronti dello strumento.

Diciamo la verità: la qualità del profilo è (di solito) direttamente proporzionale all’interesse che l’utente ha nei confronti del social media.

Conosciamo fior di top manager che non hanno il loro profilo LinkedIn.

Forse non ne sentono la necessità (sono solitamente manager di successo), a riprova che esserci è anche legato a un’esigenza professionale.

Da questo punto di vista non esserci è forse meglio che esserci ma con un profilo non adeguato.

Non tarderà però il momento in cui le aziende, certe aziende, suggeriranno fortemente ai loro top manager di essere presenti su LinkedIn; «come puoi sostenere una politica favorevole ai social e non essere tu, per primo, che rappresenti il vertice dell’azienda, a non essere presente sul social professionale di riferimento?»

«Che figura ci facciamo?»

Presentarsi in modo appropriato

Abbiamo già detto che i social evolvono continuamente, e LinkedIn non è da meno.

Tuttavia, in questa fase storica, il compito di mettere a posto il proprio profilo è abbastanza semplice, basta farsi guidare da tutti i suggerimenti che molto generosamente il portale ci offre.

Basta accettare il principio e seguire i consigli; difficilmente si può sbagliare.

In uno dei prossimi capitoli sarà possibile leggere una sezione dedicata a «qualche consiglio giusto per creare un profilo personale e aziendale, tagliato sulle PMI.»

Un profilo però è autorevole anche in base ai contenuti, che riguardano soprattutto ciò che si è fatto (l’esperienza) e quello che si è al presente.

Ricordiamoci che è del tutto possibile che un profilo attrattivo, ad esempio con una bella immagine, un bel volto, generi richieste (o conferme) di collegamento; ma se con il nostro profilo abbiamo l’obiettivo di lavorarci, a parte se facciamo ricerca e selezione di personale (la categoria è indubbiamente avvantaggiata), allora nelle fasi successive alla prima, quella del collegamento, per intenderci, il mantenimento di un livello adeguato di attenzione da parte dei nostri interlocutori svanirà come neve al sole se dietro l’immagine mancasse il contenuto.

Autorevolezza, seniority, presenza, profilo, immagine, sintesi efficace, contatti e lingue straniere (se parte dei tuoi link potrebbero arrivare dall’estero); queste sono le prerogative per avere un profilo professionale degno di nota, e utile allo scopo.

Se avete dubbi su quale frase sia la più corretta per richiedere il contatto a un professionista che vi interessa, usate quella suggerita da LinkedIn; se invece volete personalizzarla, come del resto il portale invita a fare, fate attenzione a non esagerare; chiedere un collegamento è come bussare a una porta, prima di entrare devi come minimo chiedere permesso.

Alcuni credono che essere più diretti paghi, ma non è così; l’invadenza, la fretta di arrivare al dunque o la presunzione non paga, per niente.

Immaginiamo che qualcuno ti bussi al finestrino dell’auto e ti chieda un passaggio.

Premesso che è meglio evitare di prenderlo a bordo, prima ti dirà buongiorno, poi ti spiegherà il motivo del passaggio, e tu prima ascolterai sospettoso, poi osserverai i suoi modi di fare, com’è vestito, come si esprime, se la motivazione è plausibile, e poi, forse, gli darai un passaggio.

Chi usa modi non adeguati, è come se, per chiedere un passaggio, aprisse la porta e si sedesse al tuo fianco e, senza infrangere la legge, ti dicesse: «mi porta a quell’indirizzo per favore?»

Fortunatamente le auto ormai sono dotate di chiusura automatica delle porte.

Formulazione del messaggio di invito

Per quanto riguarda la formulazione base, sebbene sia possibile impostarla con il “lei” o con il “tu”, noi preferiamo il “lei”, perché dal formale puoi passare all’informale, facendo crescere il livello della relazione, ma se sbagli pronome allocutivo è come prenderti una libertà senza il consenso dell’interlocutore, difficile poi tornare indietro:

  • «Buongiorno Sig./ra, dott./ssa, Ing…, mi farebbe piacere averla tra i miei contatti LinkedIn. Grazie e cordiali saluti.»
  • «Good morning Mr. Mrs. Ms., I’d like to share with you my LinkedIn profile. Best regards.»

Onestamente non serve altro, per cominciare.

Di seguito alcuni esempi di formulazioni personalizzate, legate al primo messaggio, ma a nostro parere eccessivamente invasive, in quanto danno per scontato che la tua risposta arrivi sicuramente a causa del messaggio allegato alla richiesta di contatto.

Gli esempi di seguito provengono da messaggi di primo invito effettivamente ricevuti.

  • «Gentile Alberto visionando il tuo profilo ho pensato che ti avrebbe fatto piacere essere informato che il mio ente ha emesso una misura di sostegno pari … euro annui per le PMI italiane che avviano un’attività in …, il bando è aperto, sono a tua disposizione per chiarimenti.»
  • «Ciao Alberto,
    Ho visto dal tuo profilo che abbiamo collegamenti in comune, sarebbe bello collegarsi qui su Linkedin, che ne pensi?
    Grazie.»

Questi messaggi non sono del tutto inopportuni, ma suggeriscono un’impazienza che riduce l’efficacia invece di incrementarla.

Anche l’approccio degli Head Hunter, categoria professionale che utilizza molto LinkedIn, e che sviluppano un’attività che può essere molto utile per dei potenziali candidati a nuove posizioni professionali, teoricamente a loro potrebbe essere perdonata una certa invadenza, quando cercano di mettersi in contatto, sebbene ci risulti che professionalmente evitino di arrivare subito al dunque, rispettando i passaggi logici, a riprova che esiste un’etichetta che è meglio non forzare.

A proposito di head hunting, è interessante sviluppare l’argomento ricerca e selezione di personale anche nel contesto PMI: un giorno potrebbe essere utile anche a noi, titolari di PMI, ricercare nuovi collaboratori utilizzando LinkedIn.

Infine è opportuno ricordare che ci sono anche gli inviti frutto di attività promozionali, che paradossalmente sono più coinvolgenti di quelli personalizzati, ma anche più aggressivi.

Le prime risposte

Una volta fatto il “grande passo” noterete che le risposte alle vostre richieste di collegamento vi arrivano soprattutto in certe ore del giorno e della notte e anche in giorni in cui non si lavora.

La motivazione è fin troppo semplice; a parte la disponibilità del soggetto a utilizzare LinkedIn, il mondo si divide tra quelli che lo usano soprattutto per essere visibili agli head hunter e quelli che lo usano per lavoro, come appena accennato, inclusi, ovviamente, professionisti e imprenditori.

Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, un po’ per mancanza di tempo, se uno sta lavorando, un po’ perché non ti è proprio consentito navigare durante le ore di lavoro, in questi casi le risposte arrivano a fine mattinata, prima dell’ora di pranzo, appena dopo l’ora di pranzo, a fine giornata di lavoro, di sera tardi o nel week end, fatta eccezione per il lunedì, che rimane “sonnacchioso”.

Questo atteggiamento conferma il fatto che LinkedIn, al pari degli altri social network, occupa soprattutto il tuo tempo libero, sebbene ormai la gente passi molto tempo a fare “snacking” sullo smartphone (termine anglosassone per indicare il continuo guardare lo schermo dello smartphone, interagendo con esso, nei momenti di pausa).

Chi usa LinkedIn per lavoro, ad esempio certi liberi professionisti, ovviamente non hanno, né si pongono limiti al suo utilizzo, né seguono bioritmi particolari per interagire con i loro contatti.

Comunque se ci pensate bene non è male che il contatto arrivi in momenti di relax per l’interlocutore; va visto come un fatto positivo, sia perché la ricezione della tua richiesta di contatto rappresenta un momento piacevole per il tuo interlocutore, sia perché, se decide di accettare il collegamento e si intrattiene con te, è perché lo incuriosisci o lo stai coinvolgendo nella maniera giusta.

Il rispetto, la cortesia e l’educazione sono tuttavia ingredienti indispensabili per sperare di entrare in una fase di conoscenza più diretta e colloquiale.

Passare a un colloquio più diretto

C’è un momento in cui può essere opportuno lasciare LinkedIn e passare ad un collegamento più diretto, personale?

La risposta è, dipende.

Abbiamo già visto che ci sono attitudini diverse tra i frequentatori del social network in questione; c’è chi lo frequenta con assiduità e chi saltuariamente, chi è presente con un profilo completo e chi con un profilo appena abbozzato.

Ammettiamo che un appartenente a l’una e l’altra attitudine vi abbia appena risposto e quindi abbia accettato il vostro contatto.

È d’uopo, al secondo contatto, rimanere in ambito LinkedIn, per le ragioni dette sopra.

Ha visitato il mio profilo, prima di accettare la mia richiesta? Sa quindi chi sono o è uno di quelli che dice sempre ok a prescindere?

È un po’ presto per capirlo, soprattutto se la vostra risposta vorrebbe essere immediata.

Diciamo questo perché, se prendeste il tempo di verificare chi ha visitato il vostro profilo vi rendereste conto che la persona in questione magari ha già effettivamente fatto una prima verifica del vostro profilo, oppure no, e quindi, in funzione della situazione, potrebbe essere opportuno prendere una strada piuttosto che un’altra.

Tuttavia LinkedIn non da subito di ritorno l’informazione aggiornata di chi ha visitato il vostro profilo, quindi una risposta immediata da parte vostra al nuovo collegato, che comunque è un’opzione assolutamente valida, comporta il non essere certo che l’interlocutore sappia ancora esattamente chi siate.

Certo è che se il contatto ha visitato il nostro profilo, dimostra di avere un profilo adeguato, e ha un numero di contatti congruo, di almeno qualche centinaio, allora è probabile che sia un contatto attendibile, almeno per quanto attiene la conversazione appena iniziata.

Il massimo sarebbe ricevere, insieme all’accettazione del collegamento, anche una risposta personalizzata, sempre nei limiti della cortesia e dell’educazione.

Questo sarebbe già un gran bell’indizio per proseguire la conversazione, ma purtroppo capita raramente; d’altra parte siete voi che lo avete cercato.

Nei casi più fortunati, quando la conversazione prende piede, c’è un momento in cui si può proporre, oppure è il vostro interlocutore che ve lo chiede, di passare all’email personale, professionale o al cellulare.

Se l’obiettivo comune è parlare di lavoro, tenete presente che l’indirizzo email che si può trovare tra le informazioni di contatto è sicuramente quello personale (non quello professionale), in quanto coincide con i dati rilasciati in fase di registrazione.

Quindi, in sintesi, va bene aver fretta di arrivare al dunque, professionalmente parlando, ma è necessario rispettare i tempi del vostro nuovo contatto.

Tutto passa attraverso lo smartphone

Le funzionalità di LinkedIn consentono di inviare anche documenti corposi in allegato ai messaggi, tipo presentazioni o documenti, quindi non ci sono vere ragioni per passare ad una conversazione più diretta, se non che è decisamente meglio, anche solo per una questione psicologica, per entrambi.

Bisogna anche riconoscere che ormai tutte queste “azioni” avvengono utilizzando di preferenza lo smartphone, quindi passare da chat a email e viceversa ci sembra abbastanza irrilevante, sebbene qualcuno abbia una preferenza tra un mezzo e l’altro, che di solito comunica.

Dialogare mediante LinkedIn richiede anche una certa pazienza, per quanto riguarda i tempi di attesa delle risposte, siano esse in seguito a un primo contatto, sia per i successivi.

L’esempio più eclatante sono i contatti “overseas”, sia a est sia a ovest del mondo, ma questo è scontato, anche per le email.

A volte passano giorni, settimane, mesi prima che i contatti si palesino; se in ambito business, tramite email, l’attesa è già un fatto da mettere in conto, con LinkedIn lo è ancora di più.

Tuttavia, per esperienza diretta, se vogliamo testare un determinato business agendo in prima persona, a fronte di un certo numero di richieste, se il profilo rispetta le caratteristiche di base descritte sopra, qualche risposta dovremmo cominciare ad averla già dopo qualche ora.